Il 5 aprile 1980
il Napoli è nella bufera, sia dal punto di vista amministrativo
che sportivo. L'asso nella manica di Ferlaino si chiama Juliano, che viene nominato Direttore Generale con i più
ampi poteri. I due vicepresidenti Punzo e Brancaccio (vedi foto), risentiti per essere stati scavalcati
dall'operato del Presidente, presentano le proprie dimissioni:
Il contratto del D.G. è triennale. Juliano punta
a nominare allenatore Renna, ma Ferlaino ingaggia Marchesi. La prima campagna acquisti inizia in modo piuttosto
fiacco: partono Tesser, Filippi ed Agostinelli ed arrivano soltanto Marangon e Nicolini. Solo a
settembre, e per giunta con contratto di prestito semestrale,
arriverà Ruud Krol. La grande classe dell'olandese
farà cambiare volto alla squadra che comincia a giocare
piuttosto bene sotto la sua lucida regia. Sarà 3°
posto finale. Nel marzo successivo, l'episodio del rinnovo
contrattuale di Marchesi (operato direttamente da Ferlaino)
determinò la rottura dei rapporti tra Ferlaino e Juliano. Le dimissioni del D.G. furono irrevocabili. Al
suo posto fu preso Bonetto, uomo di grande esperienza.
La successiva campagna acquisti vede perdere alle buste Marangon,
mentre arrivano Benedetti, Criscimanni e Palanca.
Ma i risultati sono mediocri. Per superare il delicato momento Ferlaino costituisce un comitato esecutivo composto da Resi, Punzo, Isaia ed i fratelli Tagliamonte;
acquista poi il secondo straniero: Ramon Diaz. Il Napoli
arriverà al 4° posto e, lasciando scadere il
termine per il rinnovo contrattuale di Marchesi , è Giacomini. |
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Ereditò la squadra che aveva fatto fallire Vinicio.
Chiese l'acquisto di Brady, Falcao e Cerezo per il centrocampo ed ottenne Krol per il reparto difensivo.
Reinventò quindi l'assetto della squadra in funzione dei
pochi acquisti (Nicolini, Marangon e Pellegrini)
e delle molte cessioni (Tesser, Filippi, Volpecina, Improta, Agostinelli, Badiani, Bellugi e Caporale) che Juliano effettuò. Era un
convinto assertore della medicina applicata allo sport attraverso
l'effettuazione di test, diete e controlli ai giocatori. Quindi
riuscì, piano piano, ad esaltare le virtù dei singoli,
trasformando la squadra in un collettivo efficiente. Marangon trovò la giusta collocazione a centrocampo, Krol,
raggiunto l'affiatamento necessario con Ferrario, poteva
sganciarsi a centrocampo per impostare il gioco oppure effettuare
i suoi famosi lanci di cinquanta metri per le velocissime punte. Guidetti agiva a centrocampo con compiti anche di copertura, Musella fu disciplinato tatticamente, Damiani riprese
a correre e Castellini e Bruscolotti vissero gli
splendori della loro maturità. Anche le alternative furono
studiate e dettero molto in termini di rendimento, come nel caso
di Raimondo Marino e Cascione come marcatori
aggiunti che permettevano l'avanzata di Guidetti. I centrocampisti Vinazzani, Nicolini, Celestini e Musella ruotavano in funzione dell'innesto di Speggiorin o di Capone o di Damiani al fianco di Pellegrini. Anche l'utilizzo
di Musella con il numero nove come centravanti di manovra
fu un'invenzione tattica significativa. In definitiva un bel Napoli,
ben bloccato in difesa che consentiva i lunghi lanci di Krol o l'impostazione ragionata della manovra, con l'olandese nel ruolo
di "uomo in più" a centrocampo. Marangon sulla fascia sinistra e Musella con le sue invenzioni,
fornivano preziosi assist alle punte. Poco prolifico ma molto
poco propenso a subire gol. Peccato che questa squadra rimase
una magnifica incompiuta perché Marchesi non fu
ascoltato quando chiese un "ragionatore a centrocampo al
posto di un corridore e di una punta più prolifica di Daminai (3 gol) e Speggiorin (2 gol) da affiancare a Pellegrini. |
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